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Progetta le tue abitudini
Diventa proattivo anziché reattivo
Qui di seguito un prezioso contenuto estratto dal libro “Intelligenza Emotiva Applicata”.
«Secondo gli scienziati, le abitudini si formano perché il cervello cerca costantemente modi di risparmiare le forze», scrive Charles Duhigg, autore del libro bestseller Il potere delle abitudini.
Quando il nostro cervello è nel pieno della sua efficienza non dobbiamo continuamente pensare a comportamenti basilari come camminare o parlare, e questo ci permette di risparmiare energie per altri compiti (ecco perché, ad esempio, entriamo in modalità “pilota automatico” quando ci spazzoliamo i denti o facciamo manovra per parcheggiare).
Quando il cervello capisce che un particolare comportamento di routine porta a una ricompensa, spesso lo trasforma in abitudine.
Il problema, però, è che il cervello non sa distinguere la differenza tra ricompense positive e negative.
Magari ti piace stare alzato fino a tardi a guardare Netflix ma in questo modo sei perennemente carente di sonno, cosa che influenza negativamente il tuo umore; oppure ti freghi da solo cercando di finire un’ultima cosa quando dovresti essere già uscito per un appuntamento, di conseguenza sei sempre di corsa e aggiungi stress inutile alla tua giornata.
Per quanto possa essere difficile interrompere le cattive abitudini, la verità è che non sei tenuto a esserne schiavo.
Gli scienziati hanno scoperto che le ABITUDINI non scompaiono da sole, ma possono essere SOSTITUITE.
Questo significa che non sei destinato a ripetere irragionevolmente la tua attuale routine solo perché l’hai fatto per anni; anzi, puoi RIPROGRAMMARE il cervello progettando tu stesso le tue abitudini.
Ricadere in vecchi schemi
Prendiamo ad esempio il lavoro di Brent Atkinson, analista.
Dopo aver tenuto sessioni di analisi con varie coppie tutte le settimane per diversi anni, Atkinson capì che anche le coppie innamorate che sviluppavano una profonda conoscenza dei propri comportamenti continuavano a ricadere negli “stessi vecchi schemi”.
Lui lo attribuì alle esperienze personali dei suoi clienti.
«Gli studi sul cervello indicano che le persone, nel corso della loro vita, sviluppano meccanismi interiori per affrontare cose che le turbano», spiega Atkinson.
«Il cervello organizza questi meccanismi di adattamento in programmi di risposte neurali coerenti e autoprotettive, altamente automatizzate.
Quando si forma un programma di risposta neurale, ogni volta che viene innescato si manifesta uno schema prevedibile di pensieri, stimoli e azioni.
I programmi di risposta neurale possono FUORVIARE enormemente le nostre PERCEZIONI e le interpretazioni senza che nemmeno ce ne rendiamo conto… creando forti inclinazioni ad attaccare, difendere o battere in ritirata».
In altre parole, il modo in cui reagiamo quando siamo turbati è un’abitudine creata dalla nostra mente per proteggersi, qualcosa che si è già ripetuto migliaia di volte (le discussioni di molte coppie sposate sono così prevedibili che sembrano un copione).
Il segreto per interrompere questo circolo è ricondizionare il modo in cui reagiamo a queste situazioni.
Per aiutare i loro clienti a fare ciò, Atkinson e i suoi colleghi insegnarono a pensare con più FLESSIBILITÀ nei momenti di stress, e suggerirono di chiedere ai propri mariti o alle proprie mogli di parlare registrandosi sul loro smartphone ogni volta che si sentivano insoddisfatti del loro comportamento o lo disapprovavano, «come se stessero lasciando un messaggio vocale».
Successivamente, gli analisti facevano sentire quelle registrazioni ai clienti allo scopo di aiutarli a fare le seguenti cose:
- Identificare le reazioni interiori che insorgono ascoltando le lamentele del partner.
- Pensare a come loro reagirebbero idealmente in quei momenti.
- Mettere in pratica ripetutamente un nuovo schema di pensiero e di reazione quando si sentono infastiditi o turbati.
I risultati furono notevoli: i clienti impararono rapidamente a pensare con più calma e a cambiare le proprie reazioni nei momenti di stress.
«Per molti di loro, quella era la prima volta in assoluto in cui facevano veramente attenzione a cosa accade dentro di loro quando si sentono criticati», afferma Atkinson.
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